Saluto e ringraziamento al termine del servizio di parroco in solido, di don Luca Pertile

Carissimi, 

poco più di un anno fa eravamo qui, io e d. Roberto, a darvi il nostro saluto e a ringraziare per l’inizio della nostra avventura di parroci in solido al servizio di queste Comunità. Un avventura – che non sfugge a nessuno – non si è realizzata se non in piccolissima parte ed è durata troppo poco per poter essere valutata. Tuttavia i mesi passati insieme non credo siano stati solo una parentesi. Il tempo e la Provvidenza lo diranno, perché l’amare non è mai inutile. Per ora rimane l’amarezza e la tristezza di doversi congedarmi da voi e da un servizio che ho tanto desiderato e per il quale – in controtendenza rispetto a tanti confratelli – ho lottato per svolgere facendovi posto tra gli agli incarichi che come sapete non sono mai mancati. 

Ora non è facile dire una parola di saluto a tutti e a ciascuno di voi, vicini e lontani, cattolici e non. È più facile dire anzitutto una parola di ringraziamento non solo per la vicinanza, la stima e il volermi bene che avete dimostrato in questo tempo di malattia, con la preghiera, la vicinanza, il vivo desiderio che tornassi, e la solidarietà fattiva, intelligente e discreta offerta a d. Roberto: grazie per tutto questo e soprattutto per la fiducia che mi avete dimostrato nei pochi mesi di servizio tra voi. Un tempo breve ma per alcuni sufficiente non solo per fare o a progettare “cose” insieme, ma per camminare sempre insieme dietro a Gesù cercando di essere un poco più cristiani. Non sarei riuscito a meritare questa stima e fiducia – che per un prete è quasi tutto nel suo servizio pastorale – senza d. Roberto, con cui sono in debito di bene, come con tutti voi. Chiedo anche scusa se per qualche ragione ho urtato o ferito o trascurato qualcuno: non è stato voluto. A volte il mio carattere e la mia passione mi giocano qualche scherzo.  

Molti in questo tempo con un interesse autentico anche se a volte “goffo” mi hanno chiesto e mi chiedono come stia. Da cristiano e da prete non posso non cercare una risposta non solo tra le parole umane, ma nella Parola con la “P” maiuscola. Onestamente – vi confido – che in questi mesi non ho avuto molto tempo ed energie per cercare-ascoltare questa Parola che potesse dare senso a quanto stavo vivendo e ad una vita che ora devo ripensare in un corpo che non sarà più quello di prima, in un contesto ecclesiale pieno d’incertezza e di inerzie anche colpevoli. Quello che so e che posso dirvi è che il “Signore non manda disgrazie per provare qualcosa in noi” o “per fare realizzare chissà quali imperscrutabili progetti”. Le disgrazie accadono, e potrebbe essere che non siano finite perché siamo uomini, poveri e fragili anche se noi fatichiamo ad accettarlo. Io per primo. Quindi quello che posso condividere con voi è che ho cercato e cerco, non sempre riuscendoci, di vivere questo tempo di malattia e di “vita nuova” da discepolo del Signore, da cristiano, fedele alla mia vocazione e a quel Signore a cui non rimpiango di aver consegnato la vita. 

Siccome però sono un cristiano prete, che è stato anche alla guida di queste parrocchie, non ho potuto non chiedermi se ci fosse una Parola che il Signore rivolgesse anche a noi come Comunità cristiane.  

Penso che negli eventi di questi mesi e di quelli che seguiranno – e di cui io giustamente non sarò più parte se non per un fraterno esercizio di carità, anzitutto verso d. Roberto e d. Enrico – il Signore c’inviti ad una assunzione di responsabilità personale nel nostro essere credenti e Comunità cristiana, le due cose non si possono disgiungere, e di farlo con intelligenza, non solo rinnovando la nostra generosità e diventando più operosi, ma chiedendosi se oltre a fare “un passo avanti nel servizio” non ciascuno non sia chiamato anche a fare “un passo indietro o di lato”, a lasciare spazio, e a concentrarsi di più sul proprio cammino di discepolato chiedendo che le iniziative che facciamo e le energie dei preti ci aiutino a camminare in questo senso. S. Paolo ce ricorda in un’immagine che conserviamo tutti nella memoria: la e le Comunità cristiane – la Chiesa – sono come un corpo fatto di molte membra strutturalmente legate tra loro e col Cristo Capo del Corpo. Tuttavia spesso dimentichiamo che commentando il dinamismo dell’immagine l’apostolo ricorda che Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui […]. Ora voi siete il corpo di Cristo e membra d’esso, ciascuno per parte sua (1Cor 12,26-27). È quello che abbiamo e stiamo sperimentando e che ci riconsegna ciascuno alle proprie responsabilità anzitutto di fede e di Chiesa. 

L’augurio pasquale che pertanto rivolgo a tutti noi – sia che abbiamo ricevuto a meno un bastone per camminare – è di avere sempre cuori ardenti e piedi in cammino per amare il Signore e la sua scalcinata Chiesa!  

Da parte mia continuerò a volervi bene e a rimanere al vostro servizio nella Chiesa di Treviso nella quale continuo a lavorare a livello diocesano. 


Pubblicato

in

Tag: